DI ARMANDO VERDIGLIONE
[...] nulle considration de
pouvoir, ft-elle la plus lgitime concerner le btiment professionnel, ne
saurait intervenir dans le discours de l'analyste sans affecter le propos mme
de sa pratique en mme temps que son mdium.
LACAN, parlando di Jones, crits, p. 698.
0. La materia
0.0. La linguistica attribuisce l'amorfo alla massa (Saussure), come alla materia (Saussure, Hjelmslev). Questa
oscillazione tra massa e materia pu ritrovarsi frequentemente nel discorso
scientifico, per esempio nella formulazione newtoniana, che applica alla massa
o materia qualitativamente indifferente il postulato dell'inerzia, secondo cui appunto la massa si
oppone a ogni cambiamento del suo stato di quiete o di moto.
Tale postulato, anche se
contraddetto, risulta utile alla scoperta delle leggi, necessario per il clinamen logico, per la fondazione della
macchina, per la conduzione corretta delle masse e presuppone una morte
funzionale a un ritorno: se collegata ad esso, la pulsione di morte resterebbe
misconosciuta, senza l'apporto della psicanalisi costitutivo a questo
proposito. In tal senso, la costituzione mitica degli organi o l'organizzazione
formale sostengono la conservazione, l'uniformit degli elementi come premessa
dell'invariabilit strutturale, si alimentano dell'opposizione alla morte quale
dimensione dell'inorganico, dell'inanimato, dell'inerte.
Il postulato dell'inerzia
corrisponde a ci che Le Bon, citato ampiamente da Freud, chiama, e questo pu
suonare ora ironico, l'anima delle masse, conservatrici, sempre alla ricerca di
un padrone, pronte a credere, senza mai un dubbio, senza orientamento, per cui
appaiono, come la lingua per la filosofia antica, luogo del contagio e della
contaminazione. Ma gi di tale anima aveva parlato S. Paolo; poi S. Agostino a
proposito delle massa perditionis, damnabilis et damnata: "Omnes una massa luti facti
sumus quod est massa peccati" (De div. quaest. 83, q. 66, nn. 3-5).
La massa obbedisce (e questo gi
l'essenziale) a regole automatiche: ed chiaro cos che contro di essa e a
partire da essa si elevi la persona. "Naturalmente inerte"
(Saussure), serve da supporto originario del discorso politico (nel senso
platonico ), come il bambino per una certa psicologia, il primitivo per
l'etnocentrismo, il folle per la psichiatria. Inoltre, sotto il postulato
dell'inerzia, anche il "linguaggio delle masse" diventa l'avallo
della posizione-guida, dell'ottica corretta, dell'interpretazione del giusto
rapporto tra "noi e gli altri". Ma ci vale per ora solo a
sottolineare che tale postulato un fantasma del padrone. "[...] dass das
Wesen der Masse bei Vernachltissigung des Fhrers nicht zu begreifen sei".[1]
Il discorso scientifico ha pensato la massa come sprovvista di organi per
fondarvi l'organizzazione.
0.1. Da tutto questo si trae qui
l'affermazione che la massa il soggetto di cui si suppone che non sappia
niente.
Costitutivamente ignorante, il presupposto della facolt linguistica, della
capacit di conoscere, come di ogni illuminismo: ad essa, sia il gregge
(Trotter) o l'orda, si riconosce cos una capacit secondaria, quella di
imparare, di entrare nell'ingranaggio della conduzione, di essere, a causa
della sua stessa indifferenza (v. la mediet quotidiana di Heidegger), disposta
all'informazione. Questa capacit di memoria, ribadita dalla formulazione
saussuriana riguardante la lingua come deposito, condizione di
partecipazione. Del resto, la massa, o materia, inerte serve soltanto a dimostrare la
maestria, la tecnica dell'artigiano, la sua padronanza, la maieutica: offerta dunque
all'esercizio del suo potere.
La
sua propriet il silenzio quale luogo della possibilit grammaticale, quel silenzio
che ha richiesto una giustificazione, una messa in regola, una dipendenza dal
sistema, che ha comportato dunque una "massificazione" come oblio
della storia. La
grammatica infatti ha la funzione di cancellare l'enormit dei lapsus e degli
incidenti che vi sono nel silenzio della massa, di utilizzarli, produce uno spazio
funzionale sulla negazione dello spazio della parola, diffonde la parola
d'ordine delle "spalle coperte" dalla cultura o dal danaro. La stessa
nozione di sistema
(o di codice) della lingua presuppone la prestazione di questa alla produzione
e al consumo, all'inscrizione di tutto ci che avviene in una direzione unica,
per cui il compito della traduzione e della trasmissione, compito principale,
di mantenere la fede in tale unicit, nel fatto che essa effettivamente
onnicomprensiva: la lingua intesa come istituzione, o come l'istituzione per
eccellenza, sarebbe ugualmente il sostegno di un ordine che la farebbe
dipendere dal pensiero.
Il discorso dell'inconscio invece
sovverte questa concezione della massa e della materia, indica come nel linguaggio niente
sia scontato o inerte, e gi perch la dimostrazione procede lungo il proprio
fallimento. Non c' un principio automaticamente fluido in cui trovare le
strutture invarianti, ne un principio meccanico di costanza da superare, da
trasformare in movimento vitale, da neutralizzare con un al di l.
E il silenzio, anzich categoria
assoluta di fondazione o di negazione del discorso, contraddistingue il
posto dell'Es,
posto insituabile e in cui tuttavia niente pu distruggersi[2],
la traccia o il gesto del lavoro dell'inconscio; indica come niente possa far
tacere l'inconscio. Il silenzio infatti proviene dalla resistenza della
materia, resistenza
radicale a ogni rettifica come a ogni equilibrio (v. L'io e l'Es): fare di tale resistenza un senso
di colpa inconscio significa intenderla come un'Ananke, un segno del destino,
uno strumento dell'armonia cosmica, trasformarla cio in inerzia.
0.2. Indipendente dall'idea che ne
ho o da quel che penso, la materia la frontiera del senso (Hjelmslev),
attraversa il linguaggio, disperde i contrari, provoca le contraddizioni senza
ordinarle in coppie oppositive, per cui non svolge affatto una funzione di
neutralit o d'indifferenza. , anzi, ci che fa del sesso la differenza e
che rende il senso sessuale: in tal modo, nel suo processo nessun significante compensa l'altro
nella sostituzione e nessuna vicinanza vale a costituire una dipendenza e una
relazione con un tutto.
Il discorso filosofico, al pari
d'altronde di quello linguistico, ne ha dato una definizione negativa[3]
l'ha qualificata come inconoscibile[4]
in quanto indeterminata[5]
, oppure ne ha dato una definizione positiva come sostrato[6].
Costituita entro la negativit o la positivit della conoscenza, la materia
diventa cos soltanto ci che espulso dal discorso, ci che esposto alle
reti del nulla o disposto a un ordinamento, il luogo di un'operazione che passa
appunto necessariamente per due linee.
Ma essa non soggiace all'interrogazione, introduce anzi la dimensione della
risposta, quella che fa fallire l'interrogazione. il supporto della
rimozione primaria,
per cui l'interrogazione, abitata dal sintomo (vedi 1.4.) fluttuante tra una
serie e l'altra, tra una dimensione e l'altra, risulta strutturata dalla
risposta. In tal
senso, ci che nel discorso resta, lo costituisce e ne determina tutti gli effetti: la
qualificazione di questi come effetti di un'espulsione comporta invece una
funzione formale, nonch idealistica, del discorso.
Pu essere considerata come concernente il tutto solo in quanto
contiguit delle parti, la quale manda a vuoto appunto il tutto inteso come regola e
destinazione del processo di verit. Avanza la molteplicit quale dimensione dello scoppio dei
sintomi, quale taglio fuori dei limiti, ripetuto: questo concerne dunque la
massa, in cui i soggetti non si fissano, non sono entit autonome, correlate in
un sistema, ma fanno un viaggio qualunque. Tale molteplicit, che perci dialettica, non
comporta e non sopporta la relazione predicativa tra l'uno e il molteplice, n
la moltiplicazione per germinazione patologica e per rettifiche che
stabiliscono il senso stesso dell'economia logica, o il semplice frazionamento
nel suo movimento di ritorno all'origine, all'unit di origine, alla totalit.
Cos, la materia non manca di
nulla: non pu
essere completa, n richiedere un processo che la completi. Non manca
soprattutto di un autore che domini la relazione significante, che faccia della
relazione lo strumento e la sede del dominio. Non manca di un principio
genealogico che ordini la produzione.
0.3. La materia indica la
nodalit della differenza, la quale perci non della dimensione della "conoscenza": resta
anche nel discorso
pi formalistico, non solo come un resto indelebile, ma anche come ci che interrompe la
riuscita di tale discorso, resiste ed ineliminabile da ogni lancio che inaugura un giuoco
ripetitivo, da ogni Fort della scienza, e soprattutto della semiotica, in cui ogni processo
ancora da inventare. La semiotica (il termine verr ripreso in 2.0.) precisamente la
scienza della materia.
La materia incombe e ingombra: da essa procede tutto ci che si
articola come risposta e tutto ci che resiste nel discorso attraverso il
giuoco dei significanti, i buchi, le falle, le fughe. In tal modo, la
resistenza e la compulsione a ripetere sono utilizzate dall'io in funzione economica, ma non
prodotte (Freud): sono il movimento stesso (atti di partizione) della materia,
le sue impressioni, che attraversano la scrittura del sogno, per questo
geroglifica. Non dimostrano alcuna consistenza dell'io, tanto meno la sua
autonomia, n sostengono le categorie della presenza e della rappresentazione:
attuano una dispersione dell'ordine, anzich produrre il disordine del
"mondo" nella sua funzionalit rispetto all'ordine.
Di questo incombere della materia,
la quale resta nonostante tutto, portano le tracce il processo nevrotico nella
cancellazione relativa di elementi materiali e particolarmente il processo
psicotico (Freud, La perdita di realt): e sia notato incidentalmente come prendere le
parole per le cose (la formula freudiana per gli schizofrenici), ovvero
richiamare la non risolubilit del rapporto tra due significanti, sia ci che
la produzione figurativa (il feticismo del significante), la costruzione
familiaristica dell'io, che, come il tu, diventa una funzione istituzionale, la
relazione formale, che (si) d ragione dell'altro, non sopportano.
In quanto nodalit della differenza
dunque, la massa, o la materia, non desidera la legge. Il desiderio della
massa non la causa della legge, che costruisce su di esso il suo potere misconoscendolo.
In questo senso il problema quello della logica del potere che tiene e regola
la massa, quello del funzionamento della padronanza e del suo fondamento: un
problema forse contrario a quello posto da Reich. "Ja, wie im Traum und in
der Hypnose, tritt in der Seelenttigkeit der Masse die Realittsprfung zurck
gegen die Strke der affektiv besetzten Wunschregungen".[7]
0.4. La materia la dimora della
pulsione di morte,
il luogo in cui questa fa il suo percorso senza controllo n fine, un percorso complicato contro cui il procedimento
purificato, clericale oppone la semplificazione.
E Freud ha indicato come materia e
pulsione di morte siano i termini su cui si giuoca l'apporto dell'esperienza
analitica, la sua differenza rispetto al discorso occidentale; non per fondare
quindi una nuova setta che riconducesse alla trascendenza e all'espiazione. Ha
indicato che vi del sesso nel dire: e i processi da lui descritti introducono il primato
della materia.
Ma chiaro che non si tratta pi
della materia disposta all'operazione grammaticale, ma della materia in cui
lavora l'inconscio e che instaura la dimensione dell'inconscio: la materia
freudiana.
L'incidenza del significante nel discorso analitico marca l'agire della verit
come causa materiale: ed qui il nodo del rapporto tra materialismo dialettico e
psicanalisi.
Il sapere della materia, di cui
c' orrore, non desiderio, si produce nella dimensione dell'inconscio: appunto un sapere impossibile,
un sapere costituito dalla connessione dei significanti, disarmonico.
L'inconscio non pu avere dunque l'attributo del negativo (cattiva coscienza,
fondo o profondo...); non pertanto una conoscenza. Questa si compie e si
elargisce in rapporto al potere, nel senso che i suoi presupposti (obiettivit,
forza, neutralit, purezza, finalit...) non soltanto sono quelli del potere,
ma costituiscono il mezzo della sua efficacia e della sua produzione: e ci
vale per esempio quando la conoscenza si dirige verso la liberazione o la
guarigione.
Cos il bordo della materia non il limite, anche se il
semiotico (Hjelmslev) si posto come delimitazione del bordo, passaggio alla
motivazione, ma quel futile che oltrepassa il limite e che resta indecidibile, in
quanto appunto mette in giuoco la materia del dire, quello dei numeri o quello della
lingua: questo dire non verificabile, non si pu quindi n dimostrare n
confutare e pertanto non assicura l'ordine della dimostrazione o della
confutazione, ossia non funziona rispetto ad esso come neutralit; un dire
dunque contraddittorio ma non negativo, che non porta cio alla risoluzione logica della contraddizione.
Al primato della materia, come al
sapere inconscio, il patetismo marxologico universitario (ben lontano
dall'avvicinarsi al reale, alla materia della storia, ossia alla dimensione dei
paradossi cui porta la logica) risponde che "noi" non possiamo
restare indifferenti, che ne saremmo altrimenti travolti; risponde con una
rappresentazione antropomorfica della materia. Amorfa o inerte, questa apre tuttavia la
strada del "noi" (l'ex cathedra, in nome della classe, cio del padre
o dell'autore) e del "tu" ( delle istituzioni e delle confraternite,
del trovarsi in potere di qualcuno) strada maestra e padronale del sapere serio, quella della prospettiva, che non
pu che essere teologica e autorizzare il dominio della massa.
0.5. L'oggetto parziale "appartiene" alla
materia, cui nessuna obiettivit scientifica pu riferirsi; il sembiante materiale, che causa,
rifrangendola, la produzione, ci che d alla materia la consistenza della
deriva, ci che porta a fallimento il dominio politico-filosofico della
"realt" a opera di Alcibiade, il possesso scientifico o la
conoscenza dell'oggetto, il cammino proprio all'interrogazione ontoteologica:
esso inappropriabile e non riferibile a un organismo, sia esso inteso come
totale o come fatto a pezzi, non quindi proprio e non richiede un dominio
soggettivo.
La messa tra parentesi del postulato
dell'inerzia gravida di conseguenze, non c' oggetto che rimandi o sia una
totalit, che costituisca un blocco, chiuso o aperto, non c' oggetto omogeneo;
anche la decostruzione fa talora del discorso filosofico un tale mostro
perfetto. In tal senso, il potere forclusivo del logo sta nell'occultare le
proprie crepe, nel fissare il canale della credenza, della giusta e comune
credenza: un significante per non mai totalmente forcluso, perch trova nella materia la
propria consistenza.
Il kleinismo, invece, fa
dell'oggetto parziale il teatro idealistico (introiezione, proiezione,
deiezione, reiezione) del buono e del cattivo, riporta psichiatricamente il
fantasma all'ordine della rappresentazione. A questo proposito aggiungiamo che
il presupposto kleiniano della colpevolezza del bambino funziona esattamente
come quello dell'innocenza: necessario all'organizzazione pedagogica, a
quell'interpretazione che sostenuta da un codice, al dominio del gesto, del
giuoco, al possesso del corpo.
Nel rapporto con l'oggetto parziale
vi sono effetti di angoscia o di godimento, come si preciser meglio pi
avanti: l'impostazione teologica fa discendere l'una dalla repressione, l'altro
dalla trasgressione. In tale rapporto vi il simulacro, o la sembianza, che non si definisce cos come
conseguenza di una condanna per confermare il rapporto di similarit tra il
modello e la copia, ma rispetto a cui si costituiscono il modello e la copia in
un rapporto dissimile, differente, diffratto e tuttavia procedente per vicinanza, per
approssimazione: fare del simulacro il modello dell'Altro (Platone) il
compito di quella grammatica che avanza il diritto della verit, che affida a
questa la funzione segregativa, che si alimenta sempre della persecuzione del
diabolico. La somiglianza, il cui processo non s'identifica con la metafora (vedi 1.0.),
dunque l'effetto di una disparit costituente tra i significanti, non fonda
cio il legame tra: questi, non un criterio di conformazione dei ribelli alla
regola scritta e di fondazione delle giuste pretese. Inoltre, il simulacro
tale da ribaltare (vedi 4.) ogni criterio selettivo, ogni enrgeia del discorso, sia pure di quello
che si proponesse di operare la produzione del decentramento.
1. La bordatura
1.0. La barra il bordo
materiale e resistente fra l'ondeggiamento dei significanti e la frontiera del
senso, il bordo da
cui si producono lo spostamento metonimico, un viramento, e la sostituzione
metaforica, una condensazione. La metafora prende dunque avvio dalla rimozione primaria
(Urverdrngung), non spiegata dalla rimozione in genere, n la giustifica: un
effetto di senso per un significante che fa breccia, come un effetto di vortice
o di spirale non
circolarizzabile; l'atto di una ripetizione impossibile (vedi 3.3.), un atto
che rilancia dunque e non abolisce la barra.
La barra saussuriana non dimostra quella separazione
ideale tra significante e significato che produce gli scambi operativi a
parecchi livelli in funzione del profitto, della significazione, del risultato
valido, che riporta all'unit tutti i dualismi, che costituisce in definitiva
la logica stessa del potere: in tal senso, il compito della repressione, che
costituisce un insieme omogeneo, perfettamente definito e funzionante, quello
di trasformare la sostituzione significante in mediazione, di attuare
infinitamente il principio di partecipazione, cio dell'infinito
misconoscimento della barra. Questa piuttosto punto d'incompatibilit, che
marca il lavoro pulsionale, lo scacco del finalismo, l'impossibile adeguamento
tra la pulsione e l'unit logica, personale o dell'io (Al di l del
principio del piacere).
La barra saussuriana quella
della rimozione primaria, che la funzione di un dispendio fuori misura (La rimozione;
L'inconscio): il
discorso occidentale fa invece della rimozione primaria l'eccezione, o l'eccesso, alla misura e la condizione di
essa, fa derivare formalmente le sostituzioni l'una dall'altra, le porta verso
la convergenza, verso la (bi)univocit. Se il suo supporto la materia (vedi
0.2.), la rimozione primaria non pu autorizzare la logica del significante (vedi 1.5.), la macchina della
morte (vedi 3.1.).
Questa tuttavia prende l'occasione del suo profitto dalla marca che di tale
rimozione il linguaggio porta.
In tal modo, la repressione parte dall'Urverdrngung per instaurarsi, rendendo
necessario il passaggio dalla barra e dall'arbitrariet all'ordine delle cose: l'interrogazione, campo
della promessa e dell'altruismo (vedi 4.2.), occulta tale partenza e fa
discendere la rimozione dalla repressione; cos la denuncia che punta
sull'onnipotenza del codice repressivo serve talora al consolidamento delle
regole. Il discorso scientifico costituisce lo sforzo di sostituirsi alla
rimozione primaria e di coprirla; ma le sue cadute e il fallimento di tale
sforzo indicano come la rimozione primaria impedisca la costituzione di un
metalinguaggio,
indicano anzi come non ci sia metalinguaggio.
Ma occorre precisare qualcosa
ulteriormente. Il taglio che mostra il dire a ogni passo, a ogni svolta non autorizza un'obiettivazione della divisione in funzione
capitalistica, non fonda cio l'obiettivit della barra in quanto instaurazione
necessaria dell'ordine: tra rimozione primaria e repressione non c' quindi
identit o rapporto causale. l'ideologia invece che pretende di salvare la materia dalla sua perdita e dalla
sua deriva servendosi del linguaggio come strumento a compiere, secondo lo
sforzo detto sopra, l'appropriazione della barra e il suo annullamento, a
trasformare perci la rimozione in funzione logica, l'arbitrariet in necessit
della legge. Il programma fa funzionare la barra, la finalizza e talvolta la inscrive in quanto mancanza
originaria, errore
da riparare e da gestire. Psichiatricamente, la mancanza manifesta e rende
operante la virtualit: risorsa delle coppie oppositive, come del binarismo,
serve, verificabile e determinabile, al cammino dell'identico e del simile;
segna una tappa obbligatoria verso la propriet e a sua conferma; pone la
castrazione, passata cos attraverso la sconfessione (Verleugnung), sotto l'impero della verit
unica, la costituisce come condizione della sua funzione segregativa.
1.1. Il diniego (Verneinung) la traccia della rimozione
primaria; anzich
porsi come strumento di conoscenza o di coscienza, come l'istanza di un
colmamento, indica nel linguaggio la sostituzione irrisolta, nella storia,
nella materia della storia il lavoro dell'inconscio. Supporto
dell'articolazione di un desiderio, quindi delle contraddizioni {vedi 3.), il
richiamo stesso della materia, che rende l'enunciato paradossale, gi a partire
da quel piccolo richiamo, da quel vagito che il "non questo". In
quanto instaura il soggetto dell'enunciazione, la marca della pulsione di
morte, il suo
movimento: produce infatti la dimensione della diade, articola i significanti
che vivono di una radicale indecidibilit.
Il diniego freudiano non l'evocazione di uno sfondo
del pensiero, messo comunque in causa, interpellato ovunque come strutturante
dalla sua profondit, ma il passaggio da una superficie a un'altra. Non
presuppone d'altronde due movimenti logici, di espulsione e di recupero, di
cancellazione e di richiamo, di citazione e di rettifica, d'interrogazione e di
risposta; non in tal senso il supporto di un'aggressivit perenne.
Del resto, gi Frege ha staccato la Verneinung
dalla logica
dell'interrogazione, indicandola come un atto di pensiero, invece che come una
forma di giudizio. Il soggetto in quanto unit che ha la padronanza
dell'enunciato, il soggetto della coscienza, si fonda sulla negazione interna
al giudizio; e inoltre, la produzione (distruzione, costruzione), da Platone
allo strutturalismo, passa per la necessaria esposizione dell'teron alla negazione.
Il diniego, come risulta da quanto
abbiamo detto sopra, non attua il passaggio dal negativo al positivo, proprio
dell'operazione grammaticale, n il capovolgimento del negativo nel positivo, che
pure una risorsa logica, ma annuncia il troppo nel dire, l'eccedenza. Il capovolgimento, il passaggio da
un contrario all'altro, ristabilisce la disposizione logica, serve al rilancio
della produzione, richiesto da ogni cosmologia in quanto apertura della
conflittualit apparente del "mondo": in tal senso, il materialismo,
se fosse semplicemente il contrario dell'idealismo, costituirebbe una
"visione del mondo" e cancellerebbe la materia. Inoltre, il percorso,
contrario a quello classico, dalla certezza al dubbio, dall'artificialit
all'arbitrariet riassesta l'ordine del discorso attraverso la laicizzazione
del pensiero, l'attraversata rigorosa della costruzione, il passaggio
produttivo del marginale. E tutto ci sottolinea la dimenticanza della
storia (come pure
la funzione logica di tale dimenticanza), che serve al mantenimento delle
classi: la disposizione ordinale (quella del nome del nome) si compie
attraverso la dimenticanza del nome e di ci che ad esso si affianca,
l'intervallo, la dispersione.
1.2.
Che le due masse, della lingua e del pensiero, siano arbitrarie, qualcosa che
la linguistica ha in gran parte attenuato, se non respinto, in quanto ci che
pi contrasta con lo psicologismo della rappresentazione e della strumentalit
del linguaggio. L'arbitrariet concerne infatti il significante e il significato nel
passaggio dall'uno all'altro e traccia l'impossibile adeguamento di tale
passaggio, impedisce cio, anzich diventarne la condizione, la corrispondenza
biunivoca e spinge il linguaggio verso il paradosso.
Saussure stesso, del resto, indicava
nella trasformazione della lingua un campo di arbitrariet assoluta. Inoltre, la costruzione
saussuriana porta all'arbitrariet del sistema, non solo ma anche al suo paradosso, ove fosse posto come codice dei
codici, che il paradosso di ogni metalinguaggio, di ogni modello di sapere,
della tecnica: e in luogo della posizione del principio di pertinenza (che pu
arrivare fino alla formulazione di Chomsky o di Jakobson, secondo cui tutto
pertinente nel linguaggio, cio tutto grammaticale, traducibile,
metalinguistico), sottolinea il fatto che non vi pertinenza nel linguaggio. In tal senso, il paradosso ci
che non permette di uscire dalla contraddizione, ci per cui ogni soluzione non
pu mancare la contraddizione. Si fonda sui buchi della materia, in cui non c' niente
da scoprire, ma
solo da inventare.
L'invenzione riguarda un sapere che
impossibile enunciare nella logica epistemica, quel campo i cui punti non
sono completamente orientati, quel campo in cui qualcosa manca
nell'orientamento stesso, resta non pregiudicato. Nella teoria matematica essa
non necessariamente finalizzata. Anche l'assioniatica muove da un'arbitrariet, che tenta
poi di annullare nella linearit del suo cammino e da cui parte cos l'istanza
del ritorno (e ci che viene diffuso come nostalgia dell'ordine), del cosmo: a
questo proposito occorre aggiungere che il principio di evidenza, di ci che sorto
dall'interrogazione fuori discussione, costituisce l'inaugurazione massima
dell'occultamento dell'arbitrariet di un sistema, posto nella funzione di
"non far mancare nulla".
In tal modo, la distinzione tra
discorso dell'inconscio e discorso scientifico non valutabile con un criterio
di pertinenza, una frontiera paradossale che sfugge alla misura dello
specifico, che frantuma anzi lo specifico della misura e guasta la
destinazione, che gronda di di-ramazioni, di sezioni, le quali percorrono
trasversalmente l'uno e l'altro, senza permettere dunque la
"chiusura" del testo. Le impasses della logica tracciano la via
per cui ogni discorso si arrotola nella materia, cui cerca ogni volta di supplire
l'ordine mitologico, la costituzione di una totalit, mostrano come
l'impossibile fissi la materia con la struttura del linguaggio.
Un tale modo di supplire
costituito dalla linguistica strutturale, che tra l'arbitrariet e la
scrittura pone
l'equivalenza formale, l'ordine, il rapporto necessario, come tra patologico e
normale. Ma pi in generale, il movimento circolare della scienza moderna dall'ipotesi
alla scoperta con
l'approdo a una verit sperimentata, sorta anche dalla falsificazione di
un'ipotesi teologico: e ogni laicizzazione della verit riproduce la logica
dell'interrogazione.
1.3. Connessa con la nozione di
arbitrariet, segue ora una nota sulla funzione della denuncia.
Ricorre
spesso il principio di "non dire istericamente, ma di denunciare
seriamente": l'interrogazione poggia sul discorso dell'isterica, lo
comprende, d a esso uno statuto e una direzione, una funzione
aristotelicamente simbolica, nonch politica. La sua funzione innanzi tutto
la denuncia, attraverso cui passa, secondo il metodo pontificale e poi illuministico
collaudato per secoli, il consolidamento dell'ordine, che serve poi alle
operazioni istituzionali, e di cui si compie un'espansione pubblicitaria allo scopo di affossare la lotta
politica e di renderla funzionale alla produzione.
Inoltre, la denuncia del potere
fatta in nome del rigore logico e giudiziario fa della "questione del
potere" una questione etica, una questione che giuoca, per esempio nel
discorso scientifico, il ruolo di una distanza neutrale. Liberare infatti una pratica dalla
questione del potere rappresenta un ideale, a un tempo scientifico e cristiano,
un mezzo di persuasione prima, un imperativo per gli schiavi poi. E l'apporto
delle terapie, che risponde alla domanda di trasformazione, il sostegno e il
corrispettivo dell'amore della legge.
Cos, i mutamenti di rotta nel
discorso occidentale hanno una struttura solare, eliotropica, di spinta verso
un ritorno. Il problema, la cui risposta pu essere soltanto storica, se una contestazione radicale, che oltrepassi i limiti
della denuncia e che non ricalchi quindi l'itinerario grammaticale, non lo
doppi invece frantumandolo: quanto per non si pu sapere in anticipo.
1.4.
La struttura mostra nel linguaggio l'incidenza della materia, ci che vi
d'impossibile nella relazione dei significanti e marca l'impasse del procedimento
logico, senza alcun rapporto dunque con la "buona forma". Essa ha
nell'asferico
della sua articolazione un effetto di soggetto e resta dimenticata in ci che ad essa
supplisce, in quanto finzione del vero (o piuttosto in quanto ci che si d
come funzione unica ed esclusiva del vero), nella logica predicativa, nella sfera conoscitiva (nell'accezione
filosofica e psicologica dei due termini).
La struttura si costituisce per un incidente, che ha gi un senso (anzi, la
ricerca del senso dell'incidente misconoscerebbe la struttura), e procede
attraverso il falso,
che indica precisamente una caduta in cui si produce il giuoco della verit: ma la
segregazione si avvale del falso per formare nella distinzione la normalit e
la normativit dello psichico. Il clinamen ha questa struttura di lapsus ed
casuale, non in quanto automatico, ma in quanto incidente della materia. Questa nozione di clinamen dice
dell'inesistenza di un destinatore che comandi verso una finalit la scrittura
(n coscienza umana n divinit, come indicava Lucrezio): il clinamen infatti non l'oggetto della
conoscenza, n la metafora di cui il soggetto avrebbe la facolt; non
corrisponde a una rottura funzionale alla regola di composizione delle masse,
n obbedisce a una direzione originaria che scuota l'inerzia di tali masse per
instaurare l'ordine e la produzione. Esso non funzione dell'interrogazione,
ma ci che la indica come arbitraria.
Il sintomo (vedi 0.2.) il punto aleatorio
di una struttura,
ossia il punto indicante ci che in essa c' di casuale, d'inerente al giuoco,
di equivoco, la
cui dimensione introdotta da Saussure nello studio della lingua. Nel nodo dei
significanti, esso non il supporto della scoperta scientifica, non inserito nel
percorso di una ipotesi; sospende anzi la posizione dello sperimentatore e
dell'iniziatore, perch ordinare i sintomi materialmente impossibile e perch il concreto il sintomatico. In tal senso la
storia l'insieme
non ordinabile dei sintomi; non vi sono quindi che delle storie.
1.5. Il significante tale sempre
in relazione con un altro, per cui l'aliquid accennato, indicato, non
rappresentato, non risolto in immagine, la divisione del soggetto. Per la
psicanalisi c' cos una falla nella struttura significante, che porta a
considerare il linguaggio come ci che non ha niente a che vedere con il segno, la cui nozione teologica, il
dualismo signans-signatum, si trova quindi messa in questione. L'effettivit del soggetto ,
in un rapporto tra significanti, quella dell'uno qualunque, che in una classe quanto meno fa
problema o minaccia di farla saltare e viene perci amministrato come sintomo
negativo con elusione della complicazione linguistica.
Il significante mentitore (Cratilo): e non pu quindi essere l'avallo
di alcun discorso che per diritto trasmetta la verit, n di un'investitura, ma
soltanto l'anagramma di un travestimento, l'anfibologia di un percorso, la
marca di una missione paradossale che manda a vuoto il tentativo del risparmio. Non costituisce l'elemento di una
padronanza formale, non implica il possesso della scrittura, ma la marca di
una differenza.
In tal modo, non c' autonomia del significante, come non c'
autonomia del soggetto, intesi questi nel senso che non avrebbero altra
esistenza che quella di un'inscrizione grammaticale, di una relazione formale
in un sistema; non c' nemmeno un significante maggiore che possa garantire per gli altri,
per la loro coesione o per la loro sottomissione: ogni legislazione che voglia
supplire a questo risulta l'instaurazione di un fuori-dire o ci che si direbbe un'impostura.
A un tale fuori-dire l'epistemologia per esempio aspira e d, come un
metalinguaggio specifico, al significante un primato in quanto ordinato secondo
un'economia, in quanto insegnabile e trasmissibile, ne fa l'oggetto di una
visione del mondo (punto di vista, prospettiva), che fonda la comune misura, la
necessit dell'applicazione, la relazione interumana. L'indicazione freudiana
invece parte da un primato del significante, in quanto questo irrompe nel dire
e non consente una direzione unica (e c' in questo senso uno studio ancora da
fare sugli anagrammi freudiani). L'interpretazione psichiatrica si avvale della
distinzione formale fra sintomo e segno, veicolo principale della normalit,
dell'economia della malattia; ma il sintomo psichiatrico non c' (Freud), come non c'
metalinguaggio.
L'autonomia dell'io richiesta,
umanisticamente, dall'instaurazione di un contratto (per esempio tra medico e malato, per
superare, "in collaborazione", "insieme", la malattia).
L'uguaglianza contrattuale subordinata e retta dal principio di unit: e il
contratto presuppone (vedi 5.) il dominio dell'uno sull'altro; non il
superamento dei modelli coercitivi (come vorrebbe Szasz), ma il loro sostegno. In tal modo,
il principio dell'autonomia dell'io fornisce lo statuto della dipendenza:
diventa lo strumento della trasmissione dei modelli, di un'applicazione di
ideali che servono allo psicologismo o alla funzionalit del discorso
pubblicitario.
Quindi, se per esempio la condotta
dell'analista fosse guidata da un codice (ermeneutico, morale, politico...), la
sua funzione rimarrebbe quella di sostegno dell'operazione psichiatrica.
Inoltre, l'analista che fosse l'agente del paziente (Szasz), utilizzerebbe la
domanda in funzione contrattuale e non sarebbe per nulla diverso da un agente
della societ. In definitiva, se s'instaura, la funzione di potere
dell'analista pu diventare pi importante (poich da essa discende il criterio
dell'importanza) di quella istituzionale: e persino il silenzio pu assumere allora, come lo
sguardo, la funzione classica d'interrogazione.
2. La semiosi
2.0. Senza la funzione sessuale
del linguaggio, Freud non avrebbe potuto rilevare la nozione topologica di
rimozione primaria,
che indica la traversata di un senso con un altro, la scrittura di un doppio
senso, l'intersezione di due dimensioni. Egli ha infatti trovato e
l'esperienza analitica lo mostra che il senso , sempre e dappertutto, anche sessuale, nella duplicazione della
superficie, nella sec-tarizzazione della lingua.
Nella misura in cui marca e dispiega
(non si tratta dunque di rappresentazione) la sessualit nell'inconscio, la
pulsione (vedi 3.)
sempre parziale: non
vi cos rappresentante del sesso, non significabile, sia esso maschile o femminile o,
secondo una grottesca eco ontologica, attivo o passivo. per questo che ogni
oscillazione non riporta ad alcuna bisessualit biologica, ad alcuna "omologia
sessuale". Maschile e femminile sono piuttosto termini di un travestimento del sessuale
che sbocca nel giuoco della ripetizione.
Il sessuale non pu essere l'oggetto
di un'operazione pertinente, perch ci che attraversa ogni operazione del
linguaggio e i significanti hanno un'"appartenenza" sessuale, sono la
traccia della materia della lingua. Esso concerne la dimensione dell'equivoco, di ci che vi di troppo nel
linguaggio e che non permette di chiuderlo, di trovare un riferimento univoco
che riformi il resto. L'equivoco indica l'equivalenza materiale, il punto di un'equivalenza
impossibile nella lingua; produce il senso sessuale nella lingua: l'interpretazione passa appunto attraverso
l'equivoco.
La semiosi ci che fa senso
nella lingua, dalla
quale procede l'effetto di godimento del corpo (vedi 4.), solletica il corpo
nella misura in cui il rapporto sessuale ininscrivibile (vedi 2.3.): e le
parole sono semi
o hanno senso solo in quanto tracce della lingua. Un senso, cos, nella lingua
qua e l reso
nei suoi fallimenti, si d nella sua resa: la resa dei conti traccia il campo di un loro
impossibile ritorno. Risulta, in tal modo, che per i conti non c' n garante
n giudice e che il senso del senso invocato da una certa ricerca semiotica, come dal
positivismo logico ben altro che la forma del senso o struttura formale, o
anche che quest'ultima misconosce, ma pure riproduce il senso del senso, cio
il senso sessuale. Il senso nella lingua costituisce una sorta di aposema, "un cadavere del segno",
un accenno sbarrato, una congettura colpita da un taglio mortale. II senso
dunque, in quanto si orienta verso i buchi nella materia, viene sempre mancato,
fallisce, slitta, si perde nel sesso: e l'assiomatica, appunto perch qualcosa d'inventato, sottolinea quell'indecidibile che
funziona nella materia. II senso sessuale, supplisce, non riflette il
sessuale.
II discorso occidentale include l'equivoco nella regola del suo percorso sotto
la dimensione del negativo, della contraddizione logica, della differenza
provvisoria e funzionale: sotto la dimensione di perdita del senso (o dei sensi), l'equivoco trova il
suo posto fuori,
colpito da scomunica, nell'asilo psichiatrico, nel carcere; cos, il
riferimento all'uno unico e onnipotente sostiene il presupposto che nulla possa sfuggire
all'ordine giudiziario.
II sesso annuncia sempre una perdita
di senso, un controsenso; non consente nulla di uguale, ma la ripetizione (vedi 3.3.); di
portata inverificabile, annoda morte e godimento (vedi 4.). Indica quel punto
della differenza, della diade, punto aleatorio che interrompe ogni processo
unitario e marca la morte: la dualit, su cui insiste Freud e che si oppone al monismo
junghiano, come a quello filosofico, non serve all'ideologia della produzione
perch un resto irriducibile della materia.
La cancellazione del sesso tuttavia
il principio della massima produzione (secondo la tradizione platonica e
cristiana), che progetta di condurre all'amore della legge. Sull'isterica
indecisione del sesso il politico innalza l'indifferenza per il sesso, costruisce cio la distinzione
sessuale come specificazione dei valori. Lo stesso formalismo logico passa
attraverso la cancellazione del sesso in funzione di un potere, la cui
conservazione dipende ogni volta da una certa politica del godimento. Inoltre, il principio teologico
della chiarezza
opera una censura a tutti i livelli sociali e istituzionali, adotta una misura
chiesastica, didattica, psichiatrica, editoriale del senso, perch da questo
sia tolto il sessuale.
Da
tutto questo risulta che la sessualit non umana (Marx), non serve ad alcuna unit:
del resto, che dissolvesse la struttura antropomorfica del segno lo ha sempre
saputo la legge, vi ha fondato cio il suo sapere, senza cui non ci sarebbe
l'ampia processione del potere. II principio che vi sia un sesso o che ve ne
siano due afferma invece l'istanza umana della sessualit, la legge omosessuale
che fonda la coesione degli insiemi; rappresenta il principio stesso
dell'esclusione, la trasformazione della pratica sessuale in pratica ossessiva
o religiosa o in pratica paranoica o scientifica: il sesso invece della
divisione, del legame arbitrario, "propriet" della materia, non
sottomesso quindi al processo dell'origine e della riproduzione.
2.1. Anzich essere il campo del principio,
dell'esclusione, del criterio dell'identico e del contraddittorio, il registro
di ci che pu o non pu dirsi, il rapporto tra gli opposti che punta verso la
risoluzione, la neutralit come luogo del passaggio della significazione, la
differenza la distanza tra due insiemi divergenti, la frontiera tra due
significanti, che non si adeguano, incompossibili o incompatibili, e tuttavia
in atto, la dimensione del non misurabile, la partizione della misura. La
differenza "incide" il sessuale, ne indica il taglio nel dire, mostra come ogni
definizione del sessuale si spezzi sull'teron della differenza non umana, che
intacca la costruzione scientifica nel suo tentativo di cancellarla nella
scrittura. La differenza sessuale appunto ci che non sostenuto dalla logica delle
classi, ci che nella "decisione" resta disorientato, disarmonico,
radicalmente indeciso: la materia, in cui essa avviene, ne lascia le tracce e ne lavora la
dimostrazione nel suo preciso incontro con il futile. In questo senso, il lavoro
equivoco della differenza sessuale esattamente quello della dialettica
storica: cos,
considerare l'uno senza l'altro sarebbe paralizzarlo, dare a esso il posto di
una neutralit iniziatica e innocente; e se la differenza sfugge allo sguardo,
non per questo quindi diventa motivo d'incanto o di estasi. L'indicazione del Parmenide riguarda il fatto che la differenza
non ha niente in comune con l'essere, non produttiva e non mira alla
riproduzione. E Cantor sottolinea che l'impasse insuperabile dell'enumerazione,
e per cui pertanto essa si produce, comincia con il due, irriducibile all'uno.
Il senso di ogni segregazione
per ci la copertura della differenza sessuale in funzione produttiva. Tale copertura, di ci che
indicato dal discorso dell'isterica e che, se resta indecidibile nel rapporto,
nondimeno accenna all'teros del sesso, serve al discorso teologico, come a quello
antropologico, che fa della differenza sessuale la funzione della propria
economia.
Inoltre, la differenza sessuale
non ha nulla di profondo. Invece il presupposto della profondit, proprio del discorso
teologico, consacra la perennit della lettera e fa progredire il libro nella
misura stessa della copertura della differenza: la profondit della grammatica
indifferente e neutrale.
2.2. Il fallo il nodo della differenza, il
significante di una duplicazione disarmonica; indica che ogni "zona"
del corpo (o il corpo stesso) intenibile, non un insieme cosa che
impedisce di privilegiarne una, di riformare una gerarchia, di riaffermare il
principio di unit. Esso cos la traccia di una linea alla superficie e non
dimostra alcuna potenza, alcun principio di profondit, non consacra affatto
l'omologia strutturale o umana tra maschio e femmina, n la loro distinzione.
il significante dell'impossibile e della ripetizione, di ci che d'impossibile
c' nella ripetizione: quindi il significante del godimento (vedi 4.), per
cui niente e nessuno potrebbe porsi come garante del godimento. In tal modo, il
fallo designa gli effetti di senso nella lingua, la marca della congiunzione
paradossale tra il linguaggio e l'erranza del desiderio, la marca stessa della ripetizione e
del suo vagabondaggio in ogni appuntamento dei significanti.
Non c' cos fallocentrismo, salvo indicare con questo termine
ci che sfugge a ogni presa di possesso e di potere, ci che si sottrae
paradossalmente alla costituzione di un centro (di orientamento o di comando).
E tuttavia la psicagogia (ossia l'ideologia occidentale) ha preso appoggio sul fallo per fondare
appunto la fallocrazia. In questo senso, anche la castrazione, se intesa come unica e
riguardante tutti gli elementi dell'insieme, richiede la struttura sacrificale,
il processo teologico del segno.
2.3. Dal non della rimozione primaria e della differenza
sessuale, dal fatto che non c' rappresentante del sesso risulta che il rapporto
sessuale
ininscrivibile; non cio grammaticale n grammaticalizzabile, perch risponde
a un convegno della materia, a una sua incidenza: cos, il criterio di appartenenza
o di pertinenza non vale a inscriverlo. Il rapporto sessuale della dimensione
dell'indecidibile, non della verifica: si pu dire o no che ci sia.
"Dimostra" quindi la materia.
In esso c' una dualit incolmabile
o incompatibile, che d effetto di godimento: questo non ha, cos, niente a che
fare con il godere di un'esclusione, di un impossibile inteso come ci che
escluso da una logica predicativa: si tratterebbe in tal caso di un godimento
teologico, di un
godimento di dio o dell'Uno. Inoltre, accenniamo soltanto al fatto che il plus-godimento, voluto da un contesto grammaticale
e significato dal capitale, sta al posto del rapporto sessuale non
inscrivibile.
2.4. L'interpretazione giuoca
sull'equivoco, che sorge nell'intervallo, marca di ogni trasformazione di
struttura, trae il
suo senso dal fatto che nella scrittura, per esempio onirica, non c'
significante specifico o privilegiato, dal fatto che di essa non c' traduzione, diventa cos una caduta nella complicazione della lingua e
un atto di resistenza (la quale evidentemente non di qualcuno, cio non
personale). Parte dal fatto che la materia si sottrae alla definizione, si
approssima dunque alla materia, a ci quindi che non calcolabile, al rischio
del calcolo,
interrompendo la misura delle supplenze, il calcolo del rischio.
L'ermeneutica riduce invece l'interpretazione
alla traduzione, che costituisce un'operazione fallita per coprire la
differenza sessuale. Il semplice rigetto dell'ermeneutica confermerebbe il suo
procedimento; interessa, per contro, la marca della differenza nella
trasposizione da un discorso all'altro, persino nella trasposizione teologica,
interessa cio la dialettica storica che conduce a tale fallimento. In questo
senso, la metapsicologia fa l'analisi di tutto ci che retto da un principio economico; non
instaura pertanto l'economia del discorso, ma ritrova il taglio irrimediabile
di questa nell'interpretazione.
3. Il tracciato
3.0. La pulsione un movimento
discorde e sgretolante, che incunea il paradosso nell'articolazione del
linguaggio.
materiale, perci parziale: anzich riferirsi a un modello, scardina le
strutture elementari della significazione o della parentela. In tal modo, non
un processo d'integrazione, non progredisce o regredisce rispetto a un punto:
cio, dato che le pulsioni non si articolano in modo derivabile o genetico o
secondo un principio evolutivo, non c' una maturit delle pulsioni. Se per Freud[8]
la pulsione oscilla tra lo psichico e il somatico, per indicare quel varco in
cui gli antichi vedevano un punto di unificazione, quella persistente e
irrisolubile dualit.
Se il soggetto parla, gi s'instaura
la dimensione del rapporto con il sesso e, a un tempo, comincia il tracciato della pulsione
di morte, in cui il soggetto dato in una scissura. La pulsione di morte
cos il tracciato della realizzazione del soggetto nella perdita.
Il
movimento della pulsione di morte procede accanto e svolge il senso sessuale
del desiderio, per cui tra pulsione di morte e desiderio non vi alcuna
anteriorit logica. Tuttavia la psicanalisi dopo Freud ha scansato la pulsione
di morte come la sessualit in quanto ci che pi disperde la
"conoscenza", per dare quindi ai modelli una forma compiuta.
La morte la funzione stessa del
discorso in quanto marcato dalla divisione, dalla divergenza, da intervalli, da
spaccature: farne
la macchina, la misura di ci che si produce e che esiste, lo strumento della
valorizzazione, la permanenza di un debito sicuro, il principio della
distruzione o della costruzione, della seriet e della seriazione,
l'equivalente universale assoluto il compito stesso della grammatica. .
Non vi discorso senza una fuga: cos la pulsione di morte la
derivazione nella lingua, anzich l'organizzazione di questa in un procedimento
di derivabilit, e il linguaggio il suo tracciato, marcato precisamente da
punti di fuga e da intervalli, l'articolazione della lingua. La legge invece,
come ci che Freud chiama il Super-Io, la rappresentazione purificata e
finalizzata della pulsione di morte (L'Io e l'Es): implica perci una
desessualizzazione a servizio dell"'imperioso dovere" (des
gebieterischen Sollens).
3.1. La morte presa, nel discorso
festivo (vedi 5.), come funzione conduttrice e regolatrice delle strutture,
come ci che fonda i rapporti di produzione e garantisce la stabilit delle
omologie, e, nel discorso istituzionale, come condizione di un sacrario eterno
del sapere, ovvero dell'ordine stabilito. La coppia "mondana"
vita-morte, che instaura un sapere umano come armonico, il sostegno
principale di ogni cosmologia (L'Io e l'Es). Il potere del discorso si fonda sul funzionamento della
morte: i regimi ne lasciano le impronte. Cos, la ripartizione delle competenze
prosegue e rafforza, occultandolo, il potere, la cui violenza si avvale
dell'anonimato della legge. L'essere-per-la-morte costituisce l'imperativo
stesso della verit segregativa.
Inoltre, la morte diventa in un gruppo ci che d l'omogeneit delle parti
e dei significanti, ci che ignora il corpo o che lo rende mistico: un posto
dunque fondamentale, che preserva dal fracasso, ossia da ogni effetto di rottura.
A questo proposito, qualsiasi pratica che dichiari il suo fine nell'economia
della morte fatta sotto il segno della promessa. Di una tale economia si
tratta ad esempio in un calcolo scientifico (non certo escluso quello delle
probabilit). Cos, che la morte sia lo sfondo dell'aggressivit, il suo
fondamento, il territorio del suo dominio, costituisce la regolamentazione
capitalistica dell'aggressivit.
Freud invece indica che la morte irrappresentabile, per cui ognuno si crede immortale
e non pu esserci (vedi L'Io e l'Es) angoscia di morte (salvo, evidentemente, all'interno dell'anzidetta
economia); che essa l'amore o nell'amore, per cui nessun funzionamento di
essa servirebbe a garantirlo, a ricondurlo al rito, all'unit, ai fedeli
d'amore e ai fedeli dell'Uno. Non c' dunque nessun desiderio di morte, neanche nel suicida, che piuttosto
non vuol saperne della vita: ammetterlo risponde all'ordine stesso della
produzione, all'invito alla rassegnazione; ammetterlo fa parte del dualismo
vita-morte, cio della cancellazione del sesso.
3.2. Il discorso occidentale fa
cos della morte la macchina della produzione.
Il concetto di macchina (erede e
veicolo di quello di facolt simbolica o metaforica), che pone la relazione
come formale, comporta la concezione teologica, l'instaurazione del cielo nel
discorso.
Tra parentesi, diciamo che il mito
della macchina termodinamica si sovrappone in Freud a ci che egli trovava
concernente l'inconscio e il corpo.
La macchina vive degli errori e
degli incidenti che essa provoca e che sono una condizione del suo
funzionamento, differenti tuttavia da quelli messi in giuoco nel lapsus e che
appunto dicono che, se non c' metalinguaggio, non c' macchina, l'anima del mondo, non c' facolt
che presieda all'articolazione linguistica, che la costituisca, non c' anima
in quanto principio grammaticale o grammaticalizzante, unit delle funzioni
(che supposta dallo stesso biologismo), non c' dunque istanza dell'armonia
sottostante alla qualit del mondo. Dai pitagorici a Platone[9],
l'armonia comincia a imporsi come concetto cosmologico ed etico, come
presupposto essenziale del mondo, il quale dunque creato, creato dalla "teoria
della conoscenza" e riguarda tutto ci che partecipi o possa partecipare
al privilegio dell'uno: il patetismo contraddistingue cos l'ordine del mondo e la dimensione
del dovere. In tale ordine e in tale dimensione la parte, nel senso detto
finora, non potrebbe essere presa.
3.3. Il movimento della pulsione
di morte ripetitivo dell'intervallo della rimozione primaria. La ripetizione che non procede
perci dal criterio della pertinenza, che non riproduce l'uno e non esprime
un'identit, percorre l'estraneit fra l'uno e l'altro, quando proprio un
incidente a far cadere nell'altro (cfr. Das Unheimliche).
II giuoco del Fort-Da si basa appunto non sul movimento
circolare, non sul ritorno, sul suo adeguamento al punto di partenza, ma
sull'intervallo, sulla ripetizione del primo atto, sulla modulazione di un
lancio, sul gesto di diniego (del desiderio) che scandisce la ripetizione: di
tale giuoco il soggetto non padrone, anzi proprio l'impossibilit di padroneggiarlo ci che
sostiene il giuoco.
Ora, quell'aspetto della ripetizione
che indicato da Freud (Al di l del principio del piacere) a un tempo come pulsionale (il
giuoco del bambino) e come demoniaco (la scansione analitica) il pi
radicale scardinamento di una produzione regolata sul postulato dell'inerzia,
cio in definitiva sul macchinismo mortale, sul principio di conservazione, di
sedimentazione. In
tal senso la morte distingue il versante filosofico, capitalistico di un
inconscio conservatore e il versante analitico di un inconscio dialettico.
Cos, nella ripetizione nulla
esemplare o dimostrativo o iterativo, ma ogni evento accade una volta e non
serve, non recupera una frangia nella tornata dell'uno unico: ci che si ripete
quel paradosso che attraversa le storie, le disgiunzioni non esclusive, di
cui non c' dunque un tribunale, inscritto in una mathesis universalis, ma, secondo ci che Marx ha
introdotto, mimesi storica.
Inoltre, se i processi inconsci sono
intemporali, non sono dominati dall'ordine del tempo, n diretti o corretti o
orientati dalla categoria del tempo, la produzione non pu essere riferita ad
alcun termine puro o unico e ricevere la valorizzazione propria all'insieme, la
valorizzazione come propriet distributiva ed esclusiva della classe, ma
attraversata dal giuoco della ripetizione e slitta attraverso tutti i suoi
brandelli. La ripetizione il tempo del godimento, e la pulsione di morte
ne lo spazio. Il
godimento, cio, nella ripetizione, in quanto intervallazione e deriva.
L'esperienza analitica mostra invece
come l'esempio possa essere una deriva storica, segnare una frattura della
formulazione. E la ripetizione, che non dell'ordine del contabile e del
compatibile e che non corrisponde ad alcuna formula, contraddice il fatto
della trasmissione, come dell'applicazione. Essa non mira per nulla alla chiusura: e il ritorno
dell'eco indica un'alterazione data dall'incontro della parola e della serie
con il vuoto, con una superficie rifrangente che d ad ogni cadenza un risvolto
irregolare.
3.4. La ripetizione in rapporto
con il desiderio (la messa in rapporto del desiderio), piuttosto che con la
domanda (del resto, ci che richiesto presuppone un dire, di cui esso
occasione). La metonimia, vettore del desiderio e per nulla al servizio della nostalgia, cos la traversata di un
intervallo che si ripete: la sua posta in giuoco il godimento, la cui
articolazione traccia un soggetto che non pu situarsi.
Il desiderio indica ci che
d'indistruttibile[10]
e di non esaustivo c' nella sostituzione: e "il demoniaco fornisce il
desiderio del sogno"[11],
quello stesso demoniaco che contraddistingue la ripetizione (vedi 3.3.).
La funzione del desiderio
dunque quella della rimozione primaria, non quella della legge; esso non motivato cio
dall'esistenza dei modelli coercitivi. Si costituisce in rapporto all'oggetto
(che ne appunto la causa) tra le parti e non produce che la differenza; non
invoca quindi nessun complemento. Non , d'altronde, una propriet del
soggetto: la mancanza si trova nell'intervallo e non prova la competenza o la performance. Per questo la pratica del
desiderio pratica materiale, perci pratica dialettica, che incontra il soggetto nel
sentiero del vagabondaggio, senza posto fisso.
In tal modo, la realizzazione del
desiderio e la compulsione a ripetere non si oppongono, secondo la tendenza
psicologistica a separare rappresentazione e produzione e a mettere
quest'ultima sotto il segno dell'Ananke e del sacrificio: il desiderio
infatti si realizza nella ripetizione e per questo non corrisponde a una virtualit. Esso non
dipende dall'organizzazione logica e legale, in cui anzi la sua articolazione
apre falle che ne costituiscono il disfacimento strutturale: la legge infatti,
sia essa la scrittura consacrata come grammatica della societ, non affatto
la condizione del desiderio; anzi, da esso prende l'occasione, per
paralizzarlo.
Inoltre,
se si fa del desiderio qualcosa dell'ordine della rappresentazione, si d ad
esso una funzione idealistica e teologica, che lo stacca dalla materia e vi
sostituisce il bisogno per meglio stabilire una direzione.
4. La tes(sera)tura
4.0.
Il godimento l'effetto di testura su un corpo tavola del giuoco di un
sapere impossibile:
il suo metabolismo mostra l'azione della metonimia. Non si pu sapere prima, n
formulare l'andamento del giuoco: accanto a ciascun colpo c' un movimento di
fuga, con un'articolazione che produce appunto il godimento. La
"propriet" del godimento sta nel fatto che non se ne sa nulla, che
una risposta della materia, per cui arriva sempre precoce o piuttosto senza cottura.
In questo senso, il godimento, imprevedibile, "risponde" al
desiderio: non appartiene dunque al possibile, come vuole invece la buona
parola, la parola
cio dell'altruismo. Non c' neppure una tessera o una ricetta per il
godimento, che si effettua invece nella sostituzione delle tessere e delle
ricette: il riconoscimento vero o la salute piena (vedi pi avanti)
costituiscono il principio stesso d'interdizione del godimento.
Nell'annodamento dell'uno e dell'altro, il godimento della materia non avviene
senza la materia del godimento. Il godimento della materia pu dirsi anche
semiotico o fallico,
nel senso detto sopra.
4.1.
"Godi": la frase dell'isterica, di cui la legge, appunto anonima e
senza godimento proprio, s'impossessa per riconsegnarla nella propria
scrittura, luogo della promessa, e che diventa cos la frase giuridica per
eccellenza, la frase logica, l'unit di misura di ogni costruzione
grammaticale. Proprio perch per conto suo la legge non pu godere del suo
corpo, indifferente e imparziale, pu sostenere e occultare (vedi 5.) la
struttura del debito.
La festa il luogo di
amministrazione del godimento strettamente dipendente dal funzionamento
produttivo della morte.
L'espediente dell'operazione festiva o grammaticale la subordinazione del
godimento alla trasgressione o all'obbedienza. La grammatica dunque la
riserva perenne di godimento, il suo museo, in cui esso viene ordinato, cio
disposto nella serie e comandato. Il godimento cos il risultato di
un'economia e di una disciplina, si stabilisce soltanto in rapporto alla
patologia. "Die Beschrnkung in der Mglichkeit des Genusses erhht dessen
Kostbarkeit"[12].
L'operazione grammaticale, con lo stesso gesto (di orientamento), espelle la
materia e annuncia (nel teatro, nella guerra, nel funerale, nel discorso
scientifico...) il godimento, posto quale fine e divenuto quindi principio
regolatore; fa del dire appunto la buona parola, ci che permette la
sottomissione adeguata: concede la vocazione per un posto certo. Cos,
l'espulsione del sesso dal dire (l'esecrazione in genere), che costituisce lo
sfondo teologico dell'esistenza umana, fatta in nome del godimento: ed il
discorso unico e universale, che considera il corpo come il luogo della sua
inscrizione, a porsi come riserva del godimento, come il nome di esso.
Il padrone, agente dell'onnipotenza,
che ottiene da un insieme partecipe la produzione del plusgodimento, elimina il
non sapere dell'isterica, che la portava a giuocare la sua partita, agli
effetti incalcolabili del suo discorso. Egli offre l'esca del godimento per
assicurarsi il servizio: l'esca diventa cos il principio della rinuncia.
Nella stessa direzione, il tiranno
ha bisogno della verit come causa, del presupposto di tutta la verit e dell'uno che tutto vede, come
condizione del suo potere, che dunque si afferma attraverso le contraddizioni
non solo esterne (secondo il principio eroico), ma del suo stesso percorso:
l'irresponsabilit e l'illegalit dimostrano che la sua ispirazione procede
dalla verit.
Inoltre, mostrare di godere, e di
godere oltre misura, risulta l'arma della rappresentanza, lo strumento con cui
il politico di Platone ispira la garanzia del futuro, lo anticipa, dimostra di
possederne il segreto e di essere pronto a ripartire il beneficio. O piuttosto:
la propriet del politico l'insensato, nella misura in cui si distanzia dal buon senso e dal senso comune, nella misura in cui inaugura una
garanzia del senso e cancella il controsenso.
Godere del privilegio,
dell'autorit, del prestigio. Godere di un lavoro onesto, di una condotta
innocente, dei frutti del proprio sacrificio, del premio. L'idealizzazione, per
esempio quella sociale, propone l'attesa di un godimento, inteso come
riconquista di una totalit o di un'integrit, un godimento posto al di l di
tutto ci che viene misurato come piacere usuale, posto dopo, perch possa significare il
ritorno del sacrificio attuale sotto la forma di grazia. In questo senso, i riferimenti
agli studi sul narcisismo servono, anche talora in alcuni scritti di un
sedicente avanguardismo marxista, da restaurazione di una morale del
significante, da
correzione di una pratica politica.
Godere della calligrafia una
faccenda di tutti i giorni, come di quelli eccezionali (guerra, teatro,
scienza), perch il suo scopo di separare il godimento dal soggetto, di fare del non della differenza sessuale il
negativo proficuo, la funzione del monismo. Si pu godere cos di un testo
corretto, di una scrittura giuridica, di una rappresentazione ortodossa (ma
anche eterodossa), insomma di un'operazione grammaticale, in cui sempre
segnato lo spazio della vittoria: cos che colui che determinato come l'uno
qualunque pu accettare tutte le perdite quotidiane, sottomettersi in ogni
momento alle regole. Senza la grammatica, che costituisce la dimensione
circolare quindi il tessuto utopico della societ, sarebbe impossibile la valorizzazione,
sarebbe impossibile mantenere la stabilit di una fabbrica, di un asilo
psichiatrico, di una scuola.
Appunto nell'interdizione del
godimento la legge prende il suo fondamento. Essa pienamente umana, ma non solo nel senso che , alla
superficie, mancante e richiede perci interpreti ufficiali, ma perch ispira i
"buoni sentimenti," i sentimenti sociali (L'Io e l'Es): nella sua perfezione di fondo, o
dal fondo della sua perfezione discende il senso di colpa e il suo scopo
quello di sostituirsi all'Es, di prenderne il posto, di farne un'istanza
macchinistica, normale e normativa, di telecomando. Mentre interdice di
approssimarsi al sessuale, non si occupa in effetti che di esso e la
societ si fonda su questa convivenza dell'isterica e del legislatore. L'onnipotenza della legge si
afferma anche nell'informulabile, si enuncia cio, senza esaurirsi, attraverso
la punizione. La sua erranza tuttavia qualcosa che appartiene alla storia,
cosa della materia, avviene realmente: Freud ha dimostrato, a questo proposito,
come la legge compia il vano sforzo di calcolare il dispendio.
Cos,
la manipolazione ideologica in(pre)scrive un certo godimento nell'ordine della
classe, comanda che a esso non si pu accedere senza la preparazione, senza la
risoluzione di un debito e in quanto risultato dell'operazione contrattuale: lo
spazio della richiesta, sostenuto dalla promessa, in tal modo quello di una
verit che corregga e in nome della quale qualcuno eserciti un potere.
Ma si pu anche godere del perdono o della speranza. Il perdono ha effetti benefici se
procede da colui che sa, per cui non vi medicina senza autorit; e il potere farmaceutico della
parola (il verbo che guarisce) discende dalla collocazione grammaticale di
questa, dalla sua naturale appartenenza alla legge. La speranza, poi, ha uno
statuto farmaceutico in quanto appunto ricerca di un'esca di modifica, di un
intervento in base al quale fare il piccolo calcolo dell'accettazione o della
ribellione. In tal modo, il rapporto con il bene, invocato da ogni propedeutica,
dall'iniziazione e dall'educazione, ci che propriamente interdice il godimento, che lo
stacca dal dire in nome della propriet.
L'imperativo della legge morale
autorizza e sanziona, nella sua universalit, ossia nella sua grammatica, un
diritto al godimento, secondo il mito platonico-cristiano, confermato dal
principio sadiano: esso alimenta cos le investiture, la possibilit di godere
in maniera fondata. Tale imperativo la sconfessione stessa del godimento. Il godimento dell'uno qualunque,
stabilito e prescritto dal diritto, senza materia e senza corpo, come senza
soggetto: il discorso giudiziario, che attua una saturazione formale e neutra
del discorso, s'innesta su quello filosofico-cristiano, non ammette altra
interpretazione che non sia una chiosa o un'applicazione, consegna il testo
della trasparenza assoluta, che non ha pi bisogno del padre, ma solo di
ministri, non fa una piega, non si duplica: il testo dunque che si pu soltanto
riscrivere, e non parlare, nella formula conclusiva dell'operazione. C', cos,
un godimento della partecipazione, compreso quello dell'essere tratto nel giro
dell'ironia di
un altro.
Inoltre, quel moralismo che
ripropone il ritorno e la restaurazione dei valori, come pure il rigore logico,
si basa sulla precariet della condizione umana e sociale (Vergnglichkeit), in
modo che l'economia del godimento altrui abbia la conseguenza sicura dell'amore
del sacrificio: cos, se l'inferno il luogo della memoria, la sua cavit d
all'esistenza lo statuto giuridico della nostalgia, salvandola dalle sue frane, dalle
sue incrinature. In tal modo, l'amore della verit il principio di
organizzazione grammaticale, disposizione alle direttive: l'amore della
verit quindi il passaggio obbligato attraverso la segregazione (la settarizzazione linguistica
indicherebbe invece che vi amore con la verit).
Il godimento procede dalla macchina
thanatocentrica:
paterna per definizione, richiede il primato logico del significante;
sociale, prima di ricevere un'applicazione istituzionale alla famiglia, di
significare la natura stessa del bambino: capitalistica, perch cerca di
trarre l'estremo profitto dall'utilizzazione massiva della punizione, dalla
fabbrica all'asilo psichiatrico, spinge alla funzionalit la stessa produzione
del nomadismo. Un settore sociale, un'istituzione, una "persona"
prendono il loro posto nella logica occidentale per una particolare politica
del godimento: la
gerarchia stessa si giustifica in rapporto al coefficiente di garanzia del
godimento.
La psicanalisi non si basa
sull'ammissione del diritto al non senso, che risulta piuttosto il compito
delle istituzioni, n su quella del diritto di godere, che definisce lo statuto
del soggetto giuridico; che determina quale sia il diritto di cui il soggetto
gode o cui qualcuno soggetto; essa, salvo in una certa associazione
psicanalitica internazionale, non parla in nome del godimento.
4.2. La logica
dell'interrogazione costituisce la macchina del godimento, che ordina i rapporti di
produzione e in cui hanno posto le classi: indicavamo (vedi 4.0.) invece prima
come del godimento ci sia una materia, e un apparecchio, che il linguaggio.
La logica dell'interrogazione
dimostra in Socrate un plusgodimento che comporta un potere di seduzione e
assicura la ricompensa, che avvince e cattura Alcibiade: cos cerca di colmare
il buco marcato dal godimento. La funzione strutturante dell'interrogazione richiede il carattere non esaustivo
della risposta, la sua iterazione e la sua moltiplicazione. cos che
l'interrogazione assume un senso ideale: il fondamento del senso, la sua forma.
Essa il "punto di vista" che determina il nesso tra i significanti,
che li dispone in un certo modo, verso un certo fine, che ammette la divergenza
in una funzione limitativa determinata, che utilizza la distanza come criterio di specificazione e
di obbedienza. L'interrogazione teologica, giudiziaria o psichiatrica dice che
tutto ha un fine, che tutto preso in un centro. L'indifferenza per la
risposta, cui
dunque attribuito un carattere secondario, transitorio, operazionale e non
esaustivo, innalza l'interrogazione nella sua funzione inaugurante del festivo,
nel tentativo estremo di consumare la diade, di fare del sesso stesso la
risorsa della grammatica. La "corretta interrogazione", inoltre, fornisce la
dimensione del buon senso, da cui procede la suggestione.
Abbiamo detto dunque come la distanza sia una funzione
dell'interrogazione. Precisiamo che essa pensata nei limiti di un ritorno,
misura del recupero dell'altro sotto il principio d'identit. una regola, ma
anche la regola
psicagogica, il fondamento dell'inscrizione del profitto: produce l'ordine
della dipendenza e propaga il senso di colpa come legge innata su uno sfondo
eterno.
Aggiungiamo inoltre che la logica
dell'interrogazione, che fonda la classe e la sua unit, non ha presa sulla
materia, anzi vi fallisce; la macchina non manca di errori e in ci basa il suo
principio di esattezza, che dunque tiene fuori la materia. L'interrogazione della materia , piuttosto, l'esposizione
agli effetti della combinatoria, l'accenno della dimensione della risposta,
l'annuncio della "citazione" mimetica, cio senza contesto. Provoca la
differenza, il punto insituabile, assolutamente decentrato della differenza,
provoca una dimensione o un'altra, senza che l'una o l'altra possa essere
esclusa: o piuttosto, si produce sulla differenza delle sezioni. della materia, perch non si sottrae al
suo primato e ne "strutturata".
Festivamente invece,
l'interrogazione afferma la competenza, da cui procedono il principio della persuasione
come ripartizione eguale del sapere o socializzazione della conoscenza e la
dottrina dell'iniziazione, che sostenuta dal postulato dell'inerzia della massa e che verrebbe
certo riaffermata dalla massima che "solo gli psicanalisti sanno parlare
della psicanalisi".
4.3. La pietrificazione del
godimento comporta la feticizzazione, da cui dipendono l'esercizio e
l'ascendenza del potere. Il feticismo l'utilizzazione sacrificale della
differenza, il suo
investimento programmatico, la sua cattura nella dimensione del profitto o del
risparmio: rappresenta l'impiego economico della morte, come della castrazione.
confermato dalla posizione della donna-fallo nelle "strutture
elementari" della societ occidentale attraverso il sapere omologico e
iniziatico della sconfessione (Verleugnung), modello di possesso e di potere, o dalla
venerazione cinese del piede mutilato della donna, come pure dalla riduzione del
desiderio al bisogno.
5. Il gerogramma
5.0. In quest'ultima parte vi un
accenno ai luoghi e a qualche modalit di amministrazione del godimento. Il
discorso festivo opera, nella sua fase inaugurale e massimamente produttiva del
plusvalore, una generale e provvisoria messa in questione dell'apparato istituzionale nella
sua funzione ecclesiastica di mantenimento plurisecolare delle forme: cos
antifamiliarista, non rispetta n l'individuo n il gruppo, ma per rilanciare
l'universalismo del principio economico su cui si fonderanno le istituzioni: il
grammatico, in tal modo, cerca le strutture della frase a prescindere da un
determinato territorio (la famiglia, l'ospedale, l'universit), da un contesto
specifico consolidato, da ci che si chiama il "vissuto". Tale
discorso stabilisce la certezza (di essere), che dunque si definisce e si
compie nell'ipostasi, da essa invocata, mentre inaugura la scena teologica sul
doppio versante clericale e laico. Tale discorso, inoltre, assicura il rapporto
tra il padrone e lo schiavo (che non sono dunque figure ideali da esso indipendenti)
e fonda lo statuto dell'uno e dell'altro: non c' casi padrone che si
autorizzi da se stesso.
L'autorit, nominata per qualcosa,
si sostituisce al nome-del-padre (un mero nome) per stabilire l'ordine del
fare. D'altronde, il principio d'autorit non si fonda sul consenso, ma lo fonda; non annulla la
libert di dire o di fare, ma la crea nei suoi limiti (Cicerone: Legum servi
sumus ut liberi esse possumus). A questo proposito, la domanda "donde tu parli?" mette in causa la
pertinenza del discorso, l'orientamento del soggetto rispetto alla legge, la
sua inscrizione: l'esperienza analitica invece trova che ogni orientamento, per
quanto inserito o identificato con la "realt", si trova nella sembianza, che ha un senso nella materia e
sospende l'autorizzazione della fede, la licenza di credere. Il principio
d'autorit un principio gerarchico, che produce il monopolio medico,
didattico, psichiatrico.
Intanto,
la segregazione si costituisce nella distinzione grammaticale e morale atta a
reiterare il cammino che riporta al compimento dell'unit fra significante e
significato di giusto e
d'ingiusto, di vero e di falso, di buono e di cattivo, di sano e di malato.
Il discorso istituzionale
incaricato di rispondere con la funzione della censura, di trasmettere dunque le
condizioni di un'economia del discorso, di un sapere corporativo: e il compito
dell'universit era nel Medioevo, ed in genere oggi, tradere iura
scholastice. Cos
la trasmissione,
funzione eminente dell'istituzione, perpetua il sapere in quanto privilegio di
casta e, in definitiva, stabilit di classe, il senso unico, il senso della correzione.
L'educazione richiede quindi il rito per raggiungere l'efficacia del
significante:
l'imitazione avviene attraverso la censura e l'azione si qualifica per le sue
funzioni. In tal modo, tra la paideia e la mitologia della fiaba viene
inseguita la presupposizione reciproca di esempio e di correzione. Ma certo
senza la platonica "nobile menzogna" del legislatore l'imitazione (e
quindi l'istituzione) non sarebbe possibile.
5.1. La malattia, sia essa personale o sociale,
richiesta dal discorso psichiatrico, in cui funziona, trova uno statuto, quello
di "alienazione umana", che, se qualificata come improduttiva,
per affermare un'altra dimensione in cui diventa funzione della produzione. Il
trattamento del sintomo, in una fondamentale posizione di non ascolto, risponde
cos a una logica di sottomissione e di annullamento dell'altro, a una logica
dell'altruismo,
d'inscrizione di qualcosa che arrivi a godere del privilegio dell'esistenza,
che partecipi ed entri nella promessa di godimento.
Nell'ospedale psichiatrico la
sanit, come altrove il bene o il vero, a produrre la colpevolezza e il
rapporto di colpa che ne proviene. Cos l'amministrazione della follia fonte
di un potere, che si appoggia alle regole mediche e psichiatriche, il cui
scardinamento invece porterebbe a un'esplorazione altra della follia, a ci che
l'organizzazione statale non sopporta. Custode dell'ordine e dell'ordinamento
degli elementi nella seriet del discorso, lo psichiatra deve servire l'istituzione,
non oltrepassarla, mantenerla nella sua funzione di recupero periferico del
marginale.
Il
potere psichiatrico si restaura oggi in Italia anche attraverso quegli
operatori che professano la loro verit sulla follia, un sapere dato come
evidente e, in ogni caso, come sicuro possesso, sia pure dichiarato di natura
esplicitamente politica. Tale dichiarazione d anzi talora al sapere lo sfondo
"serio", onnicomprensivo, la facolt a procedere, un diploma per veri
interpreti. A questo proposito si pu rilevare come non sia stata considerata
sufficientemente la precisazione marxista che il linguaggio (pratica e teoria)
non ideologia. Inoltre, il principio che ogni discorso correttivo o che il
discorso esclude sempre il reale implica l'imperativo della traduzione
immediata e concreta, l'organizzazione dogmatica in nome di un'istanza
superiore (quella finalmente vera, il reale, un generale lasciapassare delle
carte ideologiche). Cos il principio che ci sia una pratica che faccia a meno
del discorso (che un principio religioso e teologico pi di ogni altro) porta
una certa psichiatria a diventare il sostegno pi valido, l'ultima risorsa
delle istituzioni, a una mistica di gruppo che impone prescrizioni e
ritualismi, alla formulazione pi corretta, pi sistematica (fornendo, cio, un aiuto al
sistema per quelle frange ch'era pi difficile contenere) della denuncia.
L'istituzione espelle
semplicemente le contraddizioni, anzich impiegarle festivamente per la
produzione. In essa
il marginale deve rimanere lettera morta, funzionare in un'operazione canonica,
che mira ad annullarlo con un controllo che rispetti la lettera, un controllo
rigoroso, quello esercitato sulla devianza dei pi. L'istituzione rappresenta
gli ideali del potere, la custodia, la trasmissione; personalizza il discorso,
compie la ripartizione dei ruoli e dell'autonomia, l'assegnazione di un posto
nella legge, il passaggio dall'impersonale festivo alla forma "vissuta"
della testimonianza giudiziaria, religiosa, psichiatrica, all'io o al tu, come funzioni dell'obbedienza o
della trasgressione. Ci che innanzi tutto essa insegna l'ideologia del
profitto: nei suoi
"tempi" questo che deve passare inequivocabilmente; ogni passaggio
richiede un certo tempo, un tempo di misura e di conferma dei valori; la
conservazione si produce cos in un tempo fiscale. Tale funzione
dell'istituzione assicurata per esempio dal discorso medico, che attua un
certo possesso del corpo, "organismo" unitario, perci supposto non
mentitore, serba la propria neutralit nel non occuparsi di altro che della
malattia, situa il proprio vantaggio nella subordinazione all'economia.
5.2. Il gruppo gerarchizzato, che
garantisce il posto della persona, cerca di scrivere l'eliminazione definitiva del
soggetto, si pone come feticcio, si situa in un programma. Senza questa feticizzazione il
gruppo non sarebbe un soggetto unitario, n si costituirebbe come soggetto: vi
sarebbe invece del soggetto, nel senso sopra indicato, nella pratica di gruppo.
Il discorso psicanalitico si
cancella per diventare apparato religioso, universitario o psichiatrico, ove
serva alla formazione di un gruppo, alle sue necessit; ove inscriva come
necessario ci che avviene in un gruppo. Nella sua esperienza della materia e
dell'inconscio, nel suo trovarsi a fianco dell'impossibile, esso apre invece un
legame sociale, da cui procede un sovvertimento.
Oggi, il rischio non del recupero
che la chiesa possa fare della psicanalisi per esempio lacaniana, ma, in
generale, della possibile graduale clericalizzazione delle societ
psicanalitiche. Del resto, ci che pu determinare il destino religioso della
psicanalisi il rifiuto di occuparsi delle psicosi se non in senso
psichiatrico o ausiliare della psichiatria, l'essenza di una teoria delle
psicosi: se il lavoro analitico si limita alla nevrosi, garantisce lo statuto
della malattia mentale e la sopravvivenza delle istituzioni psichiatriche,
diventa quindi uno strumento della societ segregativa.
La convinzione della potenza eterna
della chiesa, che il corrispettivo della "nobile menzogna", guida
talora una politica che porta al servizio quella psicanalisi indicata invece da
Freud come radicalmente differente dalla funzione ecclesiastica e religiosa[13].
Il discorso religioso si propone in Occidente come riserva che opera il
passaggio dal festivo al feriale, dal capitalismo avanzato alle istituzioni, di
cui la chiesa costituisce la garanzia ultima; che opera l'instaurazione
duratura del potere, del far credere e del pagare per avere credito: esso il
versante serio e stabile del comico, il quale sostiene parimenti il feriale attraverso un
compromesso, attraverso cio l'abolizione provvisoria sulla base del senso comune
delle distanze di classe (esaltazione degli schiavi e denigrazione dei potenti)
che veicola il consolidamento della loro posizione gerarchica.
Le societ di psicanalisi accettano
e autorizzano ogni sorta di compromesso nello stesso tempo in cui bandiscono
gli effetti sovversivi di una teoria e di una pratica, tutto ci che di
politico non ritorna al principio di competenza.
Marzo 1974
[1] S. FREUD, Massenpsychologie und
Ich-Analyse, in G.
W., XIII, p. 132; tr. it. Psicologia delle masse e analisi dell'Io, in Il disagio della civilt e
altri saggi,
Boringhieri, Torino 1971, p. 116.
[2] S. FREUD, Neue Folge der
Vorlesungen zur Einfhrung in die Psychoanalyse, in G. W., XV, p. 80; tr. it.
Seconda serie di lezioni, in Introduzione alla psicoanalisi, Boringhieri,
Torino 1969, p. 479.
[3] 3 ARISTOTELE, Metaph., Z, 3, 1029a, 20-21.
[4] Ibid., Z, 10, 1036a.
[5] Phys., III, 6, 207a: gnston
peiron.
[6] Ibid., I, 9, 192a, 31-34.
[7] Massenpsychologie und
Ich-Analyse, cit.,
p. 86 (tr. it., pp. 75-6).
[8] S. FREUD, Psychoanalytische Bemerkungen
ber einen autobiographisch beschriebenen Fall von Paranoia (Dementia paranoides), in G. W., VIII, p. 311.
[9] Symp., 187b; Crat., 4O5d; Resp., IV, 430e-431e; Phaed., 93 sgg.
[10] S. FREUD, Die Traumdeutung, in G. W., II/III, pp. 558-9; tr.
it. L'interpretazione dei sogni, in Opere, III, Boringhieri, Torino 1967, pp. 504-5.
[11] Ibid., p. 619 (tr. it., p. 558).
[12] S. FREUD, Vergnglickheit, in G. W., X, p. 359; tr. it. Caducit, in Saggi sull'arte, la
letteratura e il linguaggio, I, Boringhieri, Torino 1969, p. 219.
[13] E l'indicazione freudiana sulla docta
ignorantia
differisce, come in questo stesso articolo pu vedersi, dalla sua versione
medioevale (agostiniana, bonaventuriana e soprattutto cusana) legata alla
teologia negativa.